Il cielo degli Egizi: un viaggio tra miti, stelle e l’aldilà

L’antico Egitto, civiltà che fiorì per millenni lungo le fertili sponde del Nilo, nutriva una profonda venerazione per il cielo notturno. Questa immensa distesa blu, tempestata di stelle scintillanti, era per gli Egizi molto più di un semplice spettacolo naturale: era un regno divino, abitato da potenti dèi e dee, che influenzava ogni aspetto della loro vita, dal ciclo delle stagioni alla prosperità del regno, e che offriva la promessa di una vita eterna dopo la morte. Osservando con attenzione i movimenti degli astri, gli Egizi svilupparono una complessa cosmologia, intrecciata a miti e leggende che ancora oggi affascinano e incuriosiscono, e che ci offrono una finestra sulla loro visione del mondo, del tempo e dell’eternità.

Un universo popolato da divinità: il pantheon celeste

Per gli Egizi, il cielo era la dimora di un pantheon di divinità, ognuna con un ruolo specifico nel mantenimento dell’ordine cosmico (Ma’at). Ra, il dio Sole, era il creatore dell’universo e fonte di vita, che ogni giorno attraversava il cielo sulla sua barca solare, portando luce e calore al mondo. Il suo viaggio quotidiano era una battaglia continua contro le forze del caos, rappresentate dal serpente Apopi, che cercava di inghiottire la barca solare e sprofondare il mondo nell’oscurità. Di notte, Ra si trasformava in Osiride, il dio dei morti, e intraprendeva un pericoloso viaggio nell’oltretomba, affrontando prove e pericoli per garantire il ritorno del sole ogni mattina.

Nut, la dea del cielo, era raffigurata come una donna arcuata sul mondo, il cui corpo blu, spesso adornato di stelle, rappresentava la volta celeste. Geb, il dio della terra, era suo fratello e sposo, e insieme formavano la coppia primordiale da cui nacquero tutte le altre divinità. Shu, il dio dell’aria, separava Nut da Geb, impedendo loro di unirsi e distruggere il cosmo. Questa immagine mitologica del cielo come corpo di una dea e della terra come suo sposo è unica tra le culture antiche e sottolinea la profonda connessione tra gli Egizi e il loro ambiente naturale.

Le stelle e le costellazioni: un viaggio tra miti e osservazioni

Gli Egizi identificarono numerose costellazioni, molte delle quali diverse da quelle che conosciamo oggi. Sirio, la stella più brillante del cielo notturno, era associata alla dea Iside e al suo ciclo di fertilità, in quanto la sua levata eliaca, ovvero la sua prima apparizione all’alba dopo un periodo di invisibilità, coincideva con l’inizio delle inondazioni del Nilo, evento vitale per l’agricoltura egizia. Orione, con la sua caratteristica cintura di tre stelle, era identificato con Osiride, mentre la costellazione del Toro era associata alla dea Hathor, dea dell’amore, della bellezza e della musica. La Via Lattea, la fascia luminosa che attraversa il cielo notturno, era considerata un fiume celeste, sul quale navigavano le anime dei defunti.

Oltre alle costellazioni, gli Egizi osservarono con attenzione i movimenti dei pianeti, che chiamavano “stelle che non conoscono riposo”. Venere, con la sua luminosità, era associata alla dea Iside, mentre Marte, con il suo colore rosso, era identificato con il dio della guerra Seth. Mercurio, veloce e inafferrabile, era associato al dio Thot, scriba degli dei e dio della saggezza. Queste osservazioni planetarie, seppur prive degli strumenti scientifici moderni, testimoniano la grande attenzione degli Egizi ai fenomeni celesti.

L’astronomia al servizio della vita quotidiana: calendario, agricoltura e orientamento

L’osservazione del cielo non era solo una questione religiosa o mitologica, ma aveva anche un’importante funzione pratica nella vita quotidiana degli Egizi. Grazie alla loro conoscenza dei cicli celesti, furono in grado di sviluppare un calendario solare di 365 giorni, diviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, più 5 giorni extra, detti “epagomeni”. Questo calendario, estremamente preciso per l’epoca, permetteva loro di prevedere le inondazioni del Nilo, pianificare le attività agricole e organizzare le festività religiose. L’inondazione del Nilo, evento cruciale per la fertilità del suolo e la prosperità dell’Egitto, era infatti strettamente legata alla levata eliaca di Sirio, che annunciava l’arrivo delle acque.

L’astronomia era fondamentale anche per l’orientamento, soprattutto per la navigazione sul Nilo e nel deserto. Gli Egizi svilupparono metodi sofisticati per determinare la direzione nord, utilizzando le stelle circumpolari, come ad esempio la stella polare, che rimane fissa nel cielo, indicando sempre il nord. Per misurare il tempo, si basavano sull’osservazione del movimento del sole e delle stelle, utilizzando orologi solari e meridiane.

I templi e le piramidi: osservatori astronomici e simboli cosmici

Molti templi e piramidi egizie furono costruiti con un preciso orientamento astronomico, testimoniando la profonda connessione tra architettura e cielo. Le piramidi di Giza, ad esempio, sono allineate con straordinaria precisione con i punti cardinali, suggerendo che gli Egizi possedessero conoscenze avanzate di astronomia e geometria. Alcuni templi, come quello di Karnak, erano progettati in modo che i raggi del sole penetrassero in determinati giorni dell’anno, illuminando specifici punti all’interno del santuario, creando effetti di luce suggestivi e simbolici. Questi allineamenti astronomici non avevano solo una funzione pratica, ma anche un profondo significato simbolico, collegando il tempio al cosmo e alle divinità celesti.

L’Amduat: il viaggio notturno del Sole nell’aldilà

La concezione egizia del cielo era strettamente legata alla loro visione dell’aldilà. Il cielo notturno era considerato la porta d’accesso al Duat, il regno dei morti, dove il dio Sole Ra intraprendeva un pericoloso viaggio ogni notte, affrontando pericoli e prove per garantire la rinascita del sole ogni mattina. Questo viaggio è descritto in dettaglio nell’Amduat, un antico testo funerario egizio che illustra le dodici ore della notte e le diverse regioni del Duat attraversate dal dio Sole.

L’Amduat, il cui nome significa “Ciò che è nell’aldilà”, era un testo fondamentale per la religione egizia, spesso illustrato con immagini vivide e suggestive sulle pareti delle tombe reali, a partire dalla XVIII dinastia. Esso descrive un mondo sotterraneo, un universo parallelo al nostro, popolato da creature fantastiche, dèi e demoni, e rappresenta la lotta eterna tra le forze della luce e dell’oscurità, tra la vita e la morte.

Il viaggio di Ra attraverso il Duat, a bordo della sua barca solare Mesektet, simboleggiava il ciclo di morte e rinascita, non solo del sole, ma anche del faraone e di ogni essere umano. Ogni ora della notte era associata a una diversa regione del Duat, ognuna con le sue divinità, i suoi pericoli e le sue sfide. Ra, nel suo viaggio, doveva affrontare serpenti demoniaci, trappole mortali, e superare prove di ogni genere, per poi emergere vittorioso all’alba, rinato e pronto a illuminare nuovamente il mondo.

Nel corso del suo viaggio, Ra incontrava anche le anime dei defunti, che attendevano il suo passaggio per ricevere la luce e la vita. L’Amduat offriva quindi ai defunti una guida per navigare nell’aldilà, superare i pericoli e raggiungere la vita eterna in compagnia del dio Sole. Attraverso la conoscenza dell’Amduat, i defunti potevano identificarsi con Ra, partecipare al suo viaggio notturno e raggiungere la rinascita spirituale.

L’eredità dell’astronomia egizia: un lascito per le future generazioni

L’astronomia egizia ha avuto un’influenza significativa sullo sviluppo della scienza in altre culture, in particolare quella greca. Molte delle conoscenze astronomiche degli Egizi furono tramandate ai Greci, che le integrarono con le proprie osservazioni e teorie, contribuendo alla nascita dell’astronomia moderna. Ad esempio, il calendario egizio di 365 giorni fu la base per il calendario giuliano, introdotto da Giulio Cesare nel 45 a.C. e utilizzato in Europa per secoli.

Oggi, grazie agli studi archeologici e alle nuove tecnologie, possiamo apprezzare la straordinaria conoscenza del cielo degli antichi Egizi, un popolo che seppe guardare alle stelle con meraviglia e saggezza, trovando in esse ispirazione per la propria vita, la propria religione e la propria cultura. Lo studio dell’astronomia egizia ci permette di comprendere meglio non solo le loro conoscenze scientifiche, ma anche la loro visione del mondo, il loro rapporto con la natura e il loro profondo senso del sacro.

Orologio stellare custodito al Museo egizio di Torino. In primo piano, in colore rosso mattone, l’asterismo del “Grande Carro” rappresentato come una zampa di toro.
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