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I frammenti di una antica stele egizia, trovati da una spedizione francese nel 1947 vicino al terzo pilone del tempio di Karnak, potrebbero costringere a datare diversamente la cronologia dei faraoni e contribuire a spiegare perché le antiche civiltà dell’Età del Bronzo collassarono all’improvviso tutte assieme, più di 3000 anni fa.
La «Stele della tempesta» era già stata studiata da decine di esperti, incuriositi dalla tremenda descrizione, ricavabile dalle 48 righe di testo rimaste intatte, di un evento meteorologico estremo: per giorni e giorni, raccontano le incisioni nella pietra, sull’Egitto cadde una pioggia devastante, il cielo divenne nero, l’oscurità totale. Le acque sempre più vorticose del Nilo trasportavano a valle centinaia di cadaveri e il rombo dei tuoni copriva le urla della folla terrorizzata.
Risalente al regno di Amose I, primo faraone della XVIII dinastia, la stele è il più antico resoconto dettagliato di una tempesta, ma poiché eventi meteorologici così devastanti sono del tutto rari nell’Egitto moderno, molti studiosi hanno pensato che il testo non fosse altro che una metafora per descrivere l’invasione degli Hyksos, che dominarono il paese tra la XV e XVII dinastia.
Per nulla convinti di questa ipotesi, Robert Ritner e Nadine Moeller, due ricercatori del Chicago Oriental Institute, un’istituzione molto rispettata nel campo dell’Egittologia, hanno ora avviato una nuova serie di studi sui frammenti della stele, cominciando nel modo più semplice: con una nuova traduzione. Esaminando le iscrizioni, Ritner si è convinto sempre di più che gli eventi descritti rispondevano perfettamente ai mutamenti del clima che si riscontrano dopo una imponente eruzione vulcanica. Bisognava dunque scoprire quale.
Ai tempi di Amose, intorno al 1520 a.C. non ce n’era stata nessuna. Ma solo un secolo prima nel Mediterraneo era però esplosa un’intera isola vulcanica, quella di Thera, ora chiamata Santorini. Ritner e Moeller sono convinti che la «Stele della tempesta» descriva le conseguenze di quella eruzione, e che l’evento fu di tale portata da avere riflessi letali per tutte le civiltà dell’area mediterranea. Per provarlo bisognava però prima mettere a posto le date, cosa non facile. Tutti gli esperti dicono che l’eruzione di Santorini avvenne pochi anni prima del 1600 a.C. Nel 1620, secondo la datazione al radiocarbonio di un ramo di ulivo, nel 1630 in base alla datazione ricavabile dagli anelli degli alberi, nel 1644 secondo lo strato di un carotaggio effettuato nel sottosuolo della Groenlandia. In ogni caso Amose, che visse tra i 30 e i 40 anni, non era ancora nato e non avrebbe quindi potuto fare iscrivere in una stele le conseguenze di un evento al quale non aveva assistito.
I due studiosi dell’Oriental Institute di Chicago sono però convinti che basti retrodatare di pochi anni, fra i 50 e i 100, l’epoca del regno del faraone perché tutti i pezzi della teoria combacino. Non si tratta di una forzatura: l’esatta cronologia dei faraoni è ancora incerta e dibattuta, perché è stata desunta da pochi reperti in contraddizione tra loro.
Se Amose avesse regnato al tempo dell’eruzione di Santorini, molti altri avvenimenti del passato troverebbero una spiegazione più plausibile di quella che è stata finora data. A cominciare dalla vittoria del faraone sugli Hyksos, culminata nella distruzione della loro capitale, Avaris. Il regno degli Hyksos, più che essere annientato da Amose, potrebbe essere crollato a causa delle terribili conseguenze dell’eruzione vulcanica, che bloccarono le vie di comunicazione, distrussero i porti e la flotta, incrinandone fortemente la potenza militare.
L’evento catastrofico generato nella caldera di Santorini non distrusse soltanto la civiltà minoica, ebbe conseguenze in Egitto e ancora più lontano, sostengono i professori Ritner e Moeller. Anche la civiltà babilonese ne fu fortemente indebolita, lasciando spazio alle scorrerie degli Ittiti. E forse nuove indagini porteranno ancora oltre, a dare una spiegazione al quel «riallineamento» dell’Età del bronzo che vide cadere quasi contemporaneamente le grandi civiltà dell’epoca, con la distruzione di città come Hattusa, Micene, Ugarit e improvvisi cedimenti nelle strutture sociali dell’Anatolia, dell’Egitto, della Siria.
Gli storici hanno spiegato questo decadimento, collocato tra il XIII e XII secolo a.C., con il collasso delle autorità centrali, la distruzione delle connessioni su lunga distanza e la perdita dell’alfabetizzazione. Recentemente, scienziati israeliani lo hanno attribuito a un lungo periodo di siccità. Può darsi invece che l’inizio di tutto sia da collocare in quella apparentemente pacifica laguna, che oggi i turisti percorrono in barca e ammirano estasiati guardando tramontare il sole.
Vittorio Sabadin
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The fragments of an ancient Egyptian stele, found by a French expedition in 1947 near the third pylon of the temple of Karnak, could force to date the chronology of the pharaohs differently and help explain why the ancient Bronze Age civilizations suddenly collapsed all together, more than 3000 years ago.
The “Stele of the storm” had already been studied by dozens of experts, intrigued by the tremendous description, obtainable from the 48 lines of text remained intact, of an extreme meteorological event: for days and days, tell the engravings in the stone, on Egypt fell a devastating rain, the sky became black, total darkness. The increasingly swirling waters of the Nile carried hundreds of corpses downstream and the roar of thunders covered the screams of the terrified crowd.
Dating back to the reign of Amose I, the first pharaoh of the eighteenth dynasty, the stele is the oldest detailed account of a storm, but because such devastating meteorological events are quite rare in modern Egypt, many scholars thought the text was nothing else that a metaphor to describe the invasion of the Hyksos, who dominated the country between the XV and XVII dynasty.
Not at all convinced of this hypothesis, Robert Ritner and Nadine Moeller, two researchers at the Chicago Oriental Institute, a highly respected institution in the field of Egyptology, have now started a new series of studies on the fragments of the stele, starting in the simplest way: with a new translation. Examining the inscriptions, Ritner became more and more convinced that the events described perfectly responded to the changes in climate that are found after an impressive volcanic eruption. It was therefore necessary to find out which one.
In the days of Amose, around 1520 BC there was none. But only a century before in the Mediterranean, however, an entire volcanic island exploded, that of Thera, now called Santorini. Ritner and Moeller are convinced that the “Stele of the storm” describes the consequences of that eruption, and that the event was of such magnitude that it had lethal reflexes for all the civilizations of the Mediterranean area. In order to prove it, however, it was first necessary to put the dates in place, which is not easy. All experts say that the eruption of Santorini took place a few years before 1600 BC. In 1620, according to the radiocarbon dating of an olive branch, in 1630 on the basis of the dating obtained from the tree rings, in 1644 according to the layer of a coring carried out in the subsoil of Greenland. In any case, Amose, who lived between the ages of 30 and 40, was not yet born and could not have registered the consequences of an event he had not witnessed in a stele.
The two scholars of the Oriental Institute of Chicago, however, are convinced that it is enough to backdate a few years, between 50 and 100, the era of the reign of the pharaoh because all the pieces of the theory match. This is not a forcing: the exact chronology of the pharaohs is still uncertain and debated, because it was taken from a few contradictory finds.
If Amose had reigned at the time of the eruption of Santorini, many other events of the past would find a more plausible explanation of what has been hitherto given. Beginning with the victory of the pharaoh on the Hyksos, culminating in the destruction of their capital, Avaris. The kingdom of the Hyksos, rather than being annihilated by Amose, could have collapsed because of the terrible consequences of the volcanic eruption, which blocked the roads, destroyed the ports and the fleet, strongly cracking its military power.
The catastrophic event generated in the caldera of Santorini not only destroyed the Minoan civilization, had consequences in Egypt and even further, say Professors Ritner and Moeller. Even the Babylonian civilization was greatly weakened, leaving room for the raids of the Hittites. And perhaps new investigations will lead even further, to give an explanation to the “realignment” of the Bronze Age that saw the great civilizations of the era fall almost simultaneously, with the destruction of cities like Hattusa, Mycenae, Ugarit and sudden collapses in the structures social networks of Anatolia, Egypt, Syria.
Historians have explained this decay, placed between the thirteenth and twelfth century BC, with the collapse of the central authorities, the destruction of long-distance connections and the loss of literacy. Recently, Israeli scientists have attributed it to a long period of drought. It may be that the beginning of everything is to be placed in the apparently peaceful lagoon, which today tourists travel by boat and admire ecstatic watching the sun set.
Vittorio Sabadin
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