La religione della Luce

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Il faraone Amenofi IV cambiò il nome in Akhenaton in onore al dio Aton. Dopo la sua morte il suo nome fu cancellato dagli elenchi dei re, furono distrutti tutti i suoi monumenti, tutti i suoi simboli per cancellarne la sua memoria. In tempi moderni furono riscoperte le sue epigrafi risalenti all’epoca di Amarna (Akhetaton), e apparve chiaro che Akhenaton aveva compiuto una riforma religiosa senza precedenti. Aveva distrutto i simboli del politeismo egizio, sostituendoli con un culto monoteistico di un nuovo dio della luce, che chiamò “Aton”. La teologia a cui si ispirò fu quella del “culto solare”.

Al centro è situato l’incedere moto solare, motore per l’esistenza del mondo. Ogni giorno rinnova l’opera di creazione, anche nella notte “Aton” sorge nel mondo dei morti dove porta luce che rigenera i defunti. Tutto questo avviene non senza superare ostacoli o fatti avversi, ad esempio affrontare il mostruoso serpente Apophis. Così egli rinnova ogni notte nella profondità degli inferi. La nuova titolatura del sovrano, che rivelava al paese il dogma di Aton, venne incisa per la prima volta sulle stele della riva orientale.

Egli trasformò il suo «nome di Horo», «Toro potente dalle alte piume», troppo legato a Tebe, in «Toro potente amato da Aton». Il suo «nome di nebty», «Grande di regalità in Karnak», divenne «Grande di regalità in Akhetaton», il «nome di Horo d’Oro», «Che innalza le Corone nell’Heliopolis del Sud» fu mutato in «Che innalza il nome di Aton».

Egli mantenne il nome di incoronazione, e cambiò Amenhotep in Akhenaton «Gradito ad Aton», sostituendo semplicemente il nome del dio. Tale tendenza, del resto, ben si accordava con il motivo ispiratore dei libri funerari, come il Libro di Ciò che si trova nell’Ade, le litanie solari e il Libro delle Porte, ossia con il desiderio di concentrare su Ra la creazione ed il mantenimento della vita. Amenhotep IV scelse di adorare l’aspetto sensibile del Sole, il Disco, il cui ruolo è chiaramente definito nella teologia heliopolita fin dall’Antico Regno. Il risultato fu un tono generale universalista, che presenta in effetti le apparenze del monoteismo, e spesso il grande inno ad Aton, iscritto sul muro occidentale della tomba di Ay ad Amarna, è stato paragonato al Salmo 104:

Quando tramonti all’orizzonte occidentale l’Universo è immerso nelle tenebre e come morto. Gli uomini dormono nelle stanze, con la testa avvolta, e nessuno può vedere il proprio fratello.

Si potrebbero rubar loro tutti i beni che hanno sotto il capo e non se ne accorgerebbero!

Tutti i leoni sono usciti dai loro antri e tutti i rettili mordono. Sono le tenebre di un forno, e il mondo giace nel silenzio.

È perché il suo creatore riposa nel suo orizzonte.

Ma all’alba, quando ti levi all’orizzonte e quando brilli, o Disco solare, durante il giorno, Tu scacci le tenebre ed emetti i tuoi raggi.

Allora il Doppio Paese è in festa l’umanità è sveglia e in piedi: sei Tu che li hai fatti alzare! Appena purificato il corpo, prendono le vesti e le loro braccia sono in adorazione al tuo levarsi.

L’universo intero si dedica al proprio lavoro.

Ogni gregge è soddisfatto della sua erba; alberi ed erba verdeggiano; gli uccelli si innalzano in volo dai nidi con le ali spiegate, sono in adorazione davanti a Te.

Tutti gli animali saltano sulle loro zampe. E tutti quelli che volano e tutti quelli che si posano vivono, quando Tu ti sei levato per loro.

Le navi discendono e risalgono la corrente.

Ogni via è aperta, perché sei apparso.

I pesci, a fior d’acqua, balzano verso il Tuo volto: perché i Tuoi raggi penetrano fino in fondo al mare.

Sei Tu che fai sviluppare l’embrione nelle donne, Tu che crei il seme negli uomini, Tu che fai vivere il figlio nel grembo materno, Tu che lo calmi con quel che fa cessare le lacrime, Tu, nutrice di chi è ancora nel grembo, Tu che continuamente dai il soffio per vivificare ogni tua creatura quando esce dal grembo per respirare, il giorno della nascita.

Tu fai aprire completamente la sua bocca e provvedi alle sue necessità.

Quando il pulcino è nell’uovo e pigola nel guscio Tu gli concedi il soffio della vita all’interno, per vivificarlo.

Tu hai prescritto per lui un momento, perché lo rompa dall’interno. Esso esce dall’uovo per pigolare, al tempo debito, e cammina con le proprie zampe appena è uscito (…) (Daumas: 1965, 322-323).

L’originalità di Akhenaton consiste nell’aver focalizzato ogni caratteristica creatrice sul Disco solare, manifestazione tangibile del supremo potere divino alla portata di tutti. Il faraone, in tal modo, fornì ai suoi sudditi un’immagine facile da comprendere ed evitò la delega ad un clero specializzato, unico e solo in grado di servire da intermediario tra gli uomini e un dio impenetrabile. Aton permise, letteralmente, la percezione immediata del divino, in netta opposizione ad Amon, il dio «nascosto». Rimaneva da stabilire la corrispondenza che delegava al re le capacità del Creatore. Akhenaton fece del Disco il Faraone Celeste, iscrivendone il nome in un cartiglio reale, come si faceva per quello del sovrano terreno. La «titolatura» di Aton era semplicissima: «Ra-Horakhty apparso nell’Orizzonte», «Nel suo nome di Shu che è nel Disco».

 Il Disco era dunque una forma del Creatore come il re, suo equivalente terrestre: siamo di nuovo al sistema tradizionale dell’ipostasi, se pur con lievi modificazioni. Ad Aton venne attribuita anche la cura dei defunti, il che è logico perché il dio assunse i diversi ruoli del creatore solare. Osiride non perse però di importanza, neppure nell’ambito della famiglia reale, come testimoniano i colossi osiriani che raffigurano il faraone. Ma il culto funerario tradizionale tendeva in generale ad affievolirsi.

 L’influenza della riforma atoniana sul popolo fu quasi nulla, per due ragioni: la prima è il rapido trasferimento della corte ad Akhetaton, che rese assai difficile la conoscenza del nuovo culto per chi non apparteneva all’entourage reale, fatta eccezione per la presenza degli edifici voluti da Akhenaton a Karnak. La seconda e più profonda ragione è che il nuovo culto non corrispondeva alle strutture della società: il popolo, infatti, continuava a vivere sulle basi religiose tradizionali. Invocazioni ad Amon sono state ritrovate addirittura nel villaggio operaio di Amarna. Inoltre, si deve pensare a che livello fosse usualmente la cultura religiosa degli strati più umili della popolazione: la speculazione teologica e gli arcani del potere non uscivano certo dai recinti dei templi e dei palazzi. Il progredire della pietà popolare durante il Nuovo Regno tradisce preoccupazioni abbastanza elementari; i comuni mortali non provavano grandi inquietudini metafisiche. Del resto, l’immagine che Akhenaton dava di se stesso era meno originale di quello che la tradizione moderna vorrebbe far credere. Egli, infatti, mantenne tutto l’apparato protocollare dei suoi predecessori: presentato come «pacifista» dagli studiosi di oggi, perché non prese parte alle lotte che sconvolgevano il Vicino Oriente sotto il suo regno, si fece spesso rappresentare in atto di massacrare i nemici vinti non soltanto nelle opere di stile classico, come la facciata del terzo pilone di Karnak, ma anche in quelle segnate dal nuovo stile, come le talatat che abbiamo ricordato precedentemente. Su di esse, addirittura Nefertiti brandisce la mazza heg sopra le teste dei nemici vinti! (Hall: 1986, fig. 36-40).

 La cosiddetta «rivoluzione amarniana» non intaccò per nulla il sistema amministrativo, che restò esattamente come prima, spesso con gli stessi funzionari. Sul piano politico, essa, piuttosto, rafforzò l’assolutismo teocratico: il re, «bel figlio di Aton», divenne l’intermediario obbligato tra gli uomini e il Disco. Come tale, il faraone fu oggetto di un’adorazione che vediamo raffigurata all’ingresso delle tombe degli alti dignitari. Infatti pur mantenendo i suoi titoli tradizionali, Akhenaton si fa spesso chiamare “figlio di Aton vivente”. Aton, il dio di Akhenaton, cambiò la sua titolatura reale solo qualche anno dopo. Questo avvenne in contemporanea con la fondazione di una nuova residenza nel quinto anno di regno.

Questo culto divino del re portò come conseguenza una certa emarginazione delle altre divinità; d’altro lato, però, il fatto di legare il divenire funebre dei cortigiani a quello del sovrano era, in un certo modo, un ritorno alle origini, nel senso delle ricerche sul passato che caratterizzarono il regno di Amenhotep III come quelli dei suoi predecessori: ricerca di antichi annali, della tomba di Osiride ad Abido e così via. La riforma si fece sentire veramente soprattutto in due campi: quello economico e quello artistico. Akhenaton fece chiudere alcuni templi, oppure ne limitò l’attività, e trasferì alla Corona i beni clericali. La prima conseguenza fu l’accrescersi della centralizzazione amministrativa e del suo braccio esecutivo, l’esercito.

 La messa in disparte delle istanze locali rese più difficile l’azione dell’amministrazione e si formò così tutto un sistema di corruzioni e di arbitri, contro il quale più tardi dovrà lottare Horemheb. La costruzione della nuova capitale e dei nuovi templi venne fatta a detrimento dell’economia in generale, e di quella divina in particolare: il sistema delle proprietà divine era, dal punto di vista della centralizzazione, nefasto, ma l’abbandono determinò la distruzione di un circuito di produzione e di ridistribuzione che nessuna struttura nuova veniva a sostituire.

Leonardo Lovari

 

Tratto da Anemos – La vIta è un Soffio – Harmakis Edizioni