[:it]Poema di Pentaur (Il poema epico della battaglia di Kadesh)[:]

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L’episodio della guerra tra Ramesse II e il regno degli Ittiti, che ebbe come teatro la città asiatica di Kadesh, sul fiume Oronte, fu esaltata in Egitto con iscrizioni e scene in bassorilievo sulle pareti dei templi. Una composizione epica su questo argomento è conosciuta attraverso versioni epigrafiche che si trovano sulle pareti del tempio di Luxor, di Karnak e di Abido e da redazioni su papiro (le redazioni più importanti sono quelle del papiro Sallier III, ora al British Museum, copiata da uno scriba di nome Pentaur, donde il nome dato talvolta al poema, Poema di Pentaur, e del papiro di Rifeh)
In questo ampio poema, la narrazione dei fatti e delle imprese del sovrano, la «novella regale», ha un sicuro carattere letterario. Lo stile epico pervade il testo, composto di brani narrativi alternati a brani di vibrante ispirazione lirica. Si tratta della più matura espressione narrativa , storica ed epigrafica, riscontrabile tra i testi di ispirazione regale per la propaganda delle azioni del sovrano. Quest’opera riecheggerà molto più tardi nella Stele di Piankhi e nei racconti storici dell’età demotica.
 
Inizio della vittoria del Re dell’Alto e del Basso Egitto Usermaatra, Setepenra, figlio di Ra , [Ramesse], possa egli vivere eternamente! (vittoria) che egli ha ottenuta nella terra di Kheta e di Naharina, nella terra di Arzaua, in Pidasa, in Derden, nella terra di Mesa, nella terra di Quarkesc, in Luka, (in) Karkemisc e in Qedi, (nella) terra di Qadesc, nella terra di Ugarit e di Mescent.
 
Ecco, Sua Maestà era un signore giovane e bravo,
senza eguale nel valore,
forte di cuore e saldo di valore,
come Montu nella sua ora (di combattere).
Bello di forma come Aton, al veder la cui bellezza si gioisce,
grande di vittoria in tutti i paesi stranieri,
che non si conosce, quando prende a combattere;
solido muro che protegge i suoi soldati,
loro scudo il giorno del combattimento,
che va avanti e penetra nella moltitudine, arciere senza pari, e forte contro i milioni radunati […]
il cui cuore è pieno della sua forza, potente di animo nell’ora di colpire sull’istante, come il fuoco […].
Saldo di cuore come un toro, spaventevole sul campo di battaglia sconosciuto.
Quando le terre sono riunite, non possono mille uomini reggere davanti a lui, le centinaia di migliaia perdono le forze a vederlo,il signore del terrore, grande di ruggito nel cuore di tutte le terre, grande di dignità,
[che fa strage] nel cuore degli stranieri, come un leone selvaggio nella valle degli animali selvatici.
Che parte in valore e torna preceduto dalla festa, senza esagerazione, eccellente di piani, buono di precetti, che si trova nella sua prima risposta che salva il suo esercito, che riporta i suoi seguaci, che libera il suo esercito, essendo il suo cuore come una montagna di ferro, il re […] Ramesse.
 
Ecco, aveva preparato Sua Maestà il suo esercito, la sua cavalleria, gli Sciardan del bottino che aveva riportato Sua Maestà con la vittoria del suo valore, forniti di tutti i loro attrezzi di guerra, ed avevano formato schieramento di guerra. Si diresse Sua Maestà verso nord, ed erano con lui il suo esercito e la sua cavalleria. Prese egli l’inizio della bella strada, marciando, nell’anno 5, nel secondo mese della stagione estiva, il giorno 9. Passò Sua Maestà la fortezza di Ciaru, essendo possente come Montu nella sue uscite. Tutte le terre straniere tremavano al suo cospetto, i loro
grandi venivano coi loro tributi, tutti i ribelli venivano in umiliazione, per timore della potenza di Sua Maestà.
Il suo esercito marciava nelle strettoie, essendo come chi cammina sulle strade d’Egitto.
Ora, dopo che furono passati moti giorni, ecco che Sua Maestà era in Ramesse-meramon, la città che è nella Valle del Cedro.
Marciò Sua Maestà verso nord e giunse alla collina Qadesc. Marciò in avanti Sua Maestà, come suo padre Montu signore di Tebe, e attraversò la corrente dell’Oronte con la prima armata di Ammone, possa egli dare la vittoria al re […] Ramesse.
Arrivò Sua Maestà alla città. Ed ecco, il vile principe, il caduto di Kheta, aveva riunito a sé tutte le terre straniere, dai confini del mare alla terra di Kheta, che erano venute al completo, Naharina come Arzaua, Derden, Qesceqesc, Mesa, Pidassa, Aruna, Qarkesc, Luka, Qagiuaden, Karkemisc, Ugarit, Qedi, la terra di Nugas al completo, Muscianet, Qadesc. Non tralasciò nessuna terra straniera e ciò che aveva portato da ogni paese lontano; i suoi principi erano là con lui, ognuno con il suo esercito e la sua cavalleria estremamente numerosa, senza un numero eguale al loro. Essi coprivano i monti e le valli, erano come le cavallette nella loro grande quantità. Non aveva lasciato niente d’argento e d’oro nella sua terra, l’aveva spogliata di tutte le sue cose , e l’aveva date a tutte le terre straniere per portarle con sé a combattere.
Ecco, il vile principe, il caduto di Kheta insieme ai numerosi paesi che erano con lui, stavano nascosti, pronti, a nord est della città di Kadesh. Ecco, Sua Maestà era solo del tutto, non c’era nessuno con lui, l’armata di Ammone stava marciando dietro a lui, l’esercito di Ra attraversava la corrente nei dintorni meridionali della città di Sciabtun, alla distanza di un iteru da dove era Sua Maestà.
L’armata di Ptah era a sud della città di Irnam, l’armata di Seth marciava per via.
Aveva fatto Sua Maestà un primo schieramento con tutti i primi del suo esercito, mentre erano sulla costa della terra di Amor.
Ecco, il vile principe, il caduto di Kheta, stava in mezzo all’esercito che era con lui, senza uscire a combattere a causa del terrore di Sua Maestà. Ecco, fece che andassero molti cavalieri, numerosissimi, come la sabbia, ed erano tre uomini per pariglia, avevano fatto tre compagnie di ogni [armata] della terra dei vinti di Kheta, forniti di ogni arma da guerra. Ed ecco, li fece stare nascosti dietro Qadesc. Vennero fuori dalla parte sud di Kadesh, e irruppero
in mezzo all’esercito di Ra, mentre (i soldati dell’esercito di Ra) marciavano ignari e non erano pronti alla battaglia. Si ritirarono l’esercito e la cavalleria di Sua Maestà davanti a loro.
Ecco, Sua Maestà stava a nord di Kadesh sul lato orientale dell’Oronte; si venne a dirlo a Sua Maestà: si levò Sua Maestà come sua padre Montu, quando ebbe preso gli ornamenti di guerra. Si rivestì della sua corazza ed era come Baal nella sua ora (di combattere).
La grande pariglia che portava Sua Maestà, il cui nome era Vittoria in tebe, della grande scuderia di Ramesse-Setepenra, Meriamon, Sua Maestà (la) guidò in fretta e penetrò nell’esercito dei vinti di Kheta, mentre era solo del tutto, e non c’era un altro con lui.
Andò Sua Maestà guardando dietro di sé e vide che lo accerchiavano duemilacinquecento pariglie, tagliandogli la strada con ogni guerriero (?) dei vinti di Kheta e delle terre numerose che erano lui, Arzaua, Mesa, Pidasa, (che venivano) da Qesceqesc, da Aruna, da Qagiuaden. Essi venivano da Aleppo , da Ugarit, da Kadesh, da Luka, ed erano in tre per cocchio e si erano radunati.
 
«Non c’è un principe con me, non c’è auriga,
non c’è un soldato di truppa, non un ufficiale.
Mi ha lasciato il mio esercito, la mia cavalleria è in ritirata davanti a loro,
non si è fermato uno di loro per combattere con quelli,
– disse Sua Maestà–.
«Che c’è dunque, o mio padre Ammone? Forse che un padre si disinteressa del figlio?
Oppure ciò che ho fatto è avvenuto in tua ignoranza?
Non me ne andai forse e non stetti davanti a te?
Io non ho trasgredito le decisioni che mi avevi ordinate.
È troppo grande il signore d’Egitto, perché si lascino avvicinare alla sua vita gli stranieri!
Cosa sono per il tuo cuore questi Asiatici, o Ammone?
Non ho fatto per te monumenti molto numerosi non ho riempito per te il tuo tempio coi miei prigionieri?
Ho costruito per te il mio tempio dei milioni di anni, ho posto per te ogni cosa nel tuo magazzino.
Ho guidato per te ogni terra a fornire la tua Offerta Divina, ti ho offerto trentamila capi di bestiame, su ogni pascolo dolce e profumato.
Non ho tralasciato niente di buono per completare l’opera nel tuo santuario.
Ho costruito per te grandi piloni di pietra, per alzare per te le aste, io stesso.
Ti ho portato obelischi da Elefantina; sono io che ti faccio venire continuamente pietra,
e faccio portare per te le navi sul mare, per trasportare per te tributi dei paesi stranieri.
Ah, ottiene un meschino risultato chi si oppone ai tuoi piani, ma buono colui che è nella tua stima, o Ammone!
Si agisca per te con cuore amorevole!
Io grido a te, padre mio Ammone, mentre sono in mezzo a numerose terre straniere, che io non conosco.
Tutte le terre straniere si sono unite contro di me.
Io sono solo del tutto, non c’è altri con me,
mi ha abbandonato il mio esercito numeroso.
Non uno guardò verso di me, fra i miei cavalieri,
se io grido loro, non uno di loro mi ode.
Ma io grido e trovo ch’è
utile per me Ammone più di milioni di truppe,
più che centinaia di migliaia di cavalieri,
più che decine di migliaia di fratelli e di figli, che siano riuniti insieme.
Non esiste l’opera di uomini numerosi,
Ammone è più utile che loro.
Sono giunto qui per consiglio della tuo bocca, o Ammone,
e non trasgredisco il tuo consiglio.
Ecco, io prego ai confini delle terre straniere,
e la mia voce risuona in Ermonti: ode Ra, ed è venuto perché io l’ho invocato.
Mi dà la sua mano ed io giubilo.
Ha gridato dietro di me: “Avanti, avanti”.
Io sono con te, io sono tuo padre, la mia mano è con te!
Io sono più utile
di centinaia di migliaia di uomini, io sono il signore della vittoria che ama il valore».
 
Trovai coraggioso il mio cuore, mentre il mio animo era in gioia.
Divenni come Montu: lanciai frecce alla mia destra, facevo prigionieri a sinistra: ero come Seth nella sua ora, davanti a loro.
Trovai che le duemilacinquecento pariglie in mezzo alle quali mi trovavo, erano ammucchiate davanti ai miei cavalli. Non uno trovava la sua mano fra loro, per combattere. I loro animi erano languenti nel loro corpo, ogni loro
braccio era debole, non riuscivano a lanciar frecce. Non trovavano animo per afferrare le loro lance. Li feci cadere nell’acqua come cadono i coccodrilli, caduti uno sull’altro.
Feci strage fra loro a mio piacere, e non uno guardò dietro a sé, né un altro riuscì ad andarsene. Ogni caduto fra loro non si sollevava.
Ecco, il principe vile, il caduto di Kheta stava nel mezzo del suo esercito con la sua cavalleria a guardare la battaglia di Sua Maestà, tutto solo, non c’erano soldati con lui, né cavalleria, ed egli stava rivolto indietro, tremando atterrito.
Fece venire i principi numerosi che erano tutti là, portati dai loro cavalli, equipaggiati con le loro armi da guerra; il principe di Irtu, quello di Mesa, il principe di Aruna, quello di Luka, il principe di Derden, il principe di Karkemisc, il principe di Qarkesc, quello di Aleppo, i fratelli di quello di Kheta al completo, riuniti insieme.
Eranio radunati in mille pariglie e venivano su una linea in avanti verso il fuoco.
Mi lanciai verso di loro ed ero come Montu; feci che assaggiassero la mia mano per la durata di un’ora. Facevo strage di loro, imperversavo là dove stavano e uno gridava all’altro dicendo: «Non è un uomo, che è in mezzo a noi, è Sutekh grande di valore, è Baal in persona! Non sono azioni umane quelle che compie: egli sa solo vince le centinaia di migliaia, senza che ci sia esercito con lui né cavalleria. Spicciamoci, muoviamo svelti le nostre gambe davanti a
lui, sicché possiamo salvarci la vita e respirare il fiato».
Ma ecco, quello che si spicciava per avvicinarsi, si faceva debole la sua mano e tutto il suo corpo, non riusciva a prender più l’arco e la lancia neppure, e lo si vedeva andare in fuga lontano.
Ecco, Sua Maestà era alle loro spalle come il grifone. Facevo strage di loro senza che ne sfuggisse uno.
Alzai la voce per gridare al mio esercito, dicendo:
 
«State saldi, rafforzate il vostro animo,
o miei soldati!
Guardate la mia vittoria, essendo solo, essendo Ammone il mio protettore,
essendo la sua mano con me!
Ma com’è vile il vostro animo, o miei cavalieri!
Non ho io forse riempito il mio cuore di voi?
Non c’è uno di voi al quale non abbia fatto qualcosa di bene nella mia terra.
Non mi levai forse come sovrano, quando eravate povera gente?
Vi ho fatto divenire grandi per merito mio, ogni giorno.
Posi il figlio nei beni di suo padre, allontanando ogni male dalla terra d’Egitto.
Vi lasciai i vostri servi, e vi ho dato altro bottino di vostra mano.
Chiunque supplica favori,
“Lo faccio, eccoli”, dico a lui ogni giorno.
Non c’è sovrano che abbia fatto al suo esercito ciò che ha fatto la Mia Maestà per i vostri cuori.
Ho fatto che voi sedeste nella vostre case e nelle vostre città, senza fare l’appello, senza far giudicare un soldato.
La mia cavalleria, allo stesso modo, ho dato loro la via alle loro città, dicendo:
“Li troverò egualmente quel giorno, nell’ora di andare a combattere!”
Invece, ecco, vi comportate vilmente, tutti quanti.
Non si è levato un uomo tra voi a darmi la mano,
mentre io combattevo.
Duri il potere di Ammone!
Oh, se io fossi in Egitto come il padre dei miei padri,
che non vide la Siria e non combatté con lei, fuggendo,
senza che uno di loro venisse a riferire il suo messaggio in Egitto.
Oh, la bella impresa del direttore di molti monumenti a Tebe, la città di Ammone,
e la impresa vergognosa compiuta dal mio esercito e dalla mia cavalleria,
troppo grande per essere detta!»
 
Ecco, mi dette Ammone la sua vittoria, mentre non c’era esercito con me, né cavalleria; ma vide ogni terra lontana la mia vittoria (ottenuta) con la mia spada, essendo solo del tutto senza che vi fosse un altro. Non c’era principe dietro di me, non auriga, non soldato di truppa, non ufficiale. Ogni terra che ha visto, riferirà il mio nome a partire dalle terre straniere lontane e ignote. Quelli di loro che sono sfuggiti alla mia mano, stanno rivolti indietro a vedere ciò che ho fatto. Se ho raggiunto milioni di loro, non erano saldi i loro piedi e le loro gambe. Chiunque saettava nella mia direzione, le loro frecce si sparpagliavano quando mi raggiungevano.
Ma appena Menna il mio auriga vide che mi circondava un numero ingente di cavalli, si abbatté, il suo cuore si avvilì, e un grandissimo terrore era entrato nel suo corpo. Disse a Sua Maestà:
«Mio buon signore, sovrano valoroso, grand difensore dell’Egitto il giorno della battaglia, noi stiamo soli in mezzo ai nemici. Ecco, ci ha abbandonato l’esercito e la cavalleria. Come starai a difenderci?
Che si possa esser salvi, salvaci, o Usermaatra!»
Sua Maestà disse al suo auriga: «Sta’ saldo, rafforza il tuo animo, o mio auriga! penetrerò fra loro come colpisce un falco. Faccio strage, faccio massacro, atterro. Cosa sono per il tuo cuore questi codardi, che non è abbagliata la mia faccia da milioni di essi?»
Sua Maestà partì al galoppo e penetrò fra i nemici per sei volte di attacco fra loro.
 
«Io ero come Baal nella sua ora che è forte,
facevo strage fra loro senza lasciarne uno.
Quando mi vide il mio esercito e la mia cavalleria,
mi si disse come Montu.
La mia spada è possente, mio padre Ammone è con me,
dal momento che ha fatto per me tutte le terre straniere
come paglia davanti a me.
Essi erano in fuga e andavano isolati, per avvicinarsi al campo nel tempo di notte.
Avevano trovato tutte le terre straniere che erano fra loro, stese a mucchi sul loro sangue,
con ogni combattente scelto da Kheta, coi figli e i fratelli dei loro principi.
Incendiai i campi della terra di Kadesh,sicché non si conosceva il luogo calpestato dal loro numero».
 
Allora venne il mio esercito per lodare il mio nome sopra di loro, e vide ciò che avevo fatto. I miei principi vennero per esaltare la mia forza, e la mia cavalleria allo stesso modo, lodando il mio nome, dicendo:
 
«O bravo combattente, saldo di cuore!
Tu salvi il tuo esercito e la tua cavalleria,
tu sei figlio di Ammone, ch’egli ha fatto con le sue mani.
Tu hai riempito la terra di Kheta della tua possanza, o vittorioso!
Tu sei un bravo guerriero, non c’è il tuo eguale!
Un re che combatte per il suo popolo il giorno della battaglia.

Tu sei un magnanimo, il primo nella schiera.

Non ti sei curato di ogni terra stranieri unita insieme,
perché sei il grande di vittoria davanti al tuo esercito,
in cospetto della terra intera, senza esagerazione.
Perché tu sei il protettore dell’Egitto,colui che soggioga i paesi stranieri.
Hai spezzato la schiena di Kheta per sempre».
 
Disse allora Sua Maestà al suo esercito e ai suoi capi allo stesso modo e alla sua cavalleria:
 
«Che hanno fatto, prego, i miei principi, iul mio esercito,
la mia cavalleria?
Hanno ignorato il combattimento!
Non si ingrandisce forse l’uomo, quando viene e si comporta valorosamente
davanti al suo signore?
È bello il nome di chi combatte,
si rispetta un uomo a causa del suo valore, fin dai tempi antichi.
Certo non ho fatto del bene a nessuno di voi,
che mi abbiate lascito solo in mezzo al nemico!
Com’è meschino da parte vostra!
Che vita è il vostro tirare il fiato,
mentre io ero solo?
Non riuscivate a dire nel vostro cuore
che io sono il vostro muro di ferro?
Che cosa si dirà, quando lo si udrà,
del vostro averni lasciato solo senza un compagno?
Non vennero i principi, gli ufficiali, i soldati di truppa
ad aiutarmi mentre io combattevo.
Ho vinto milioni di paesi da solo, essendo su Vittoria-in-Tebe e Mut
-è-soddisfatta,i miei grandi cavalli:
sono essi che ho trovato ad aiutarmi
quando ero solo a combattere contro paesi numerosi.
Darò disposizioni per loro di farli mangiare io stesso,
in mia presenza, ogni giorno, quando sarò a palazzo:
sono loro che ho trovato in mezzo ai nemici,
con l’auriga Menna mio scudiero, dei miei domestici
d’amministrazione;i miei testimoni, a combattere,
ecco, li ho trovati».
 
Rientrò la Mia Maestà in valore e in vittoria, dopo aver abbattute le centinaia di migliaia riunite insieme, con la mia potenza. Al mattino ho rialzato le schiere in battaglia, e mi approntai alla battaglia come un toro addestrato. Mi levai contro di loro come Montu, adorno degli ornamenti di valore e di vittoria, penetrando nelle schiere e combattendo come colpisce un falco.Il mio urèo abbatteva per me gli avversari, il suo vento ardente di fiamma era in faccia ai nemici. Ero come Ra al suo levarsi al mattino, i miei raggi bruciavano le membra dei ribelli, mentre l’uno di loro gridava all’altro: «Guardatevi».
Ecco la grande Sekhmet, che era con lui, lo pose sul suo cavallo e la sua mano era con lui. Chiunque veniva per avvicinarglisi, il fuoco ardente del fuoco andava a bruciare le sue membra, ed essi erano divenuti sollevati
lontani dal suolo, con le loro mani al mio cospetto.
La Mia Maestà prevaleva su di loro e ne faceva strage, senza che sfuggissero, ed erano a mucchi davanti al mio cavallo, stesi a mucchi sul loro sangue.
Il vile principe, il vinto di Kheta, inviò per esaltare il mio nome come Ra, dicendo: «Tu sei Seth, grande di
valore, Baal è nel tuo corpo, e il terrore, come un fuoco, è nella terra di Kheta: tu hai spezzato le schiena del principe di Kheta per sempre, eternamente».
Spedì un suo messaggero con una lettera in mano, indirizzata alla Mia Maestà: «Per informare la Maestà del palazzo di Horo [Toro possente amato da Maat], il principe che protegge il suo esercito, forte di valore, muro delle sue truppe nel giorno del combattimento, il Re dell’Alto e del Basso Egitto Usermaatra-Setepenra, figlio di Ra, grande signore di tutte le vittorie che ha compiuto col suo braccio Ramesse-Meriamon, possa egli vivere eternamente!
Dice questo tuo servo: “Si è conosciuto che sei figlio di Ra, nato dal suo corpo: egli ti ha dato tutte le terre riunite insieme.
Quanto alla terra d’Egitto e la terra di Kheta, esse sono tue schiave, sono sotto i tuoi piedi: te le ha date Ra, tuo padre
augusto, prima di prevalere su di noi. Ecco, la tua forza è grande, il tuo valore pesa sulla terra di Kheta. Ma è bello che tu massacri i tuoi servi? Il tuo volto è minaccioso contro di noi, non sei clemente.
Ecco ieri tu hai agito e hai fatto un massacro di milioni. Sei venuto oggi e non hai lascito truppe.
Non far violenza alle tue cose, o re potente, che preferisce la pace alla guerra: dacci il respiro”».
Sua Maestà rientrò in vita e forza. Ero come Montu nella sua ora quando vince.
Radunò la Mia Maestà tutti i capi del mio esercito e della cavalleria, i miei principi al completo riuniti insieme, per far loro udire la proposta che gli aveva inviato (il principe di Kheta).
Feci che udissero queste parole che mi aveva mandato il vile principe di Kheta. Essi dissero a una sola voce: «È  estremamente bella la pace, o sovrano nostro signore! Non ci sarà chi allontanerà la pace, se la farai, dal momento che ti si rispetterà il giorno della tua collera!»
Allora Sua Maestà ordinò di ascoltare le sue parole, e fece marciare in pace verso sud.
Si diresse Sua Maestà verso l’Egitto, con i suoi principi, il suo esercito, la sua cavalleria.
Ogni vita, saldezza e forza erano con lui, gli dèi e le dee proteggevano le sue membra. Aveva conquistato tutte le terre per mezzo del suo terrore. Il valore di Sua Maestà aveva protetto il suo esercito.
Tutte le terre facevano gesti di acclamazione davanti a lui.
Fu bello il giungere in pace in Egitto alla dimora di Ramesse-Meriamon, grande di vittoria.
Riposò nel suo castello di Tebe come Ra sui suoi due orizzonti. Gli dèi di questa terra lo salutavano dicendo: «Benvenuto, benvenuto, figlio nostro, che noi amiamo, Usermaatra, possa egli vivere». Gli dettero milioni di giubilei eternamente sul trono di Ra.
Tutte le terre straniere erano cadute sotto i suoi piedi, per sempre e eternamente.
 

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