I Racconti del Papiro Westcar – Djedi il Mago

djed

Si alzò poi il figlio del re, Herdedef, per parlare e disse: « [Tu hai finora udito del] sapere dei trapassati ed è impossibile discernere la verità dalle menzogne. Ma c’è uno uomo che è sotto la tua Maestà, nel tuo stesso tempo: egli non è conosciuto [ma è un grande mago]».

Sua Maestà chiese: «Di che si tratta, Herdedef, figlio mio?».

Herdedef, il figlio del re, rispose: «C’è un uomo comune (7.1) di nome Djedi; vive a Djed-Sneferu, giusto di voce. Egli ha centodieci anni, mangia cinquecento pani, un spalla di bue, come carne, e beve cento brocche di birra, ancora oggi.

Egli sa attaccare una testa recisa, sa fare camminare, dietro di sé, un leone, il cui legaccio è sciolto per terra e conosce il numero delle stanze segrete del santuario di Thot».

Ora la Maestà del nesut-bjty Khufu, giusto di voce, passava il suo tempo cercando per sé le stanze segrete del santuario di Thot, per fare, per sé stesso, una cosa simile a quelle, nella sua tomba.

Disse sua Maestà: «Tu stesso dunque, Herdedef, figlio mio, devi portarmelo!».

Allora furono allestiti dei battelli per il figlio del re Herdedef ed egli andò (7.10) navigando contro corrente a Djed-Sneferu, giusto di voce.

Dopo che i battelli furono attraccati al molo, egli proseguì viaggiando via terra, seduto su una portantina d’ebano, le (cui) aste da trasporto di legno ‘sesenem’ erano rivestite d’oro. Poi, arrivato da Djedi, la portantina fu posata giù ed egli si alzò per salutarlo.

Il Papiro Westcar

Lo trovò disteso su una stuoia sulla soglia di … casa sua; un servo, sostenendogli la testa, lo stava ungendo e un altro strofinava i suoi piedi.

Allora il figlio del re Herdedef disse: «Il tuo stato è come quello di un uomo che non ha ancora raggiunto la l’età avanzata … ― mentre invece esso è vicino alla vecchiaia, tempo della morte, dell’essere nella bara, del seppellimento ― come quello di uno che dorme fino all’alba e che è privo di malattia, senza un colpo di tosse». — Questo è il saluto adatto (7.20) a un venerabile —. «È per invitarti, per incarico di mio padre Khufu, giusto di voce, che sono venuto qui. Tu potrai mangiare e le cose prelibate che il re è solito elargire e le provviste di cibo di quelli che sono al suo seguito. Egli ti condurrà, quando il tempo della vita sarà finito, ai tuoi padri che sono nella necropoli».

Il nominato Djedi allora rispose: «Che tu sia in pace! Che tu sia in pace! Herdedef, figlio del re, amato da suo padre. Che tuo padre Khufu, giusto di voce, ti favorisca e faccia crescere il tuo rango tra gli anziani. Possa il tuo Ka sfogare la collera contro il tuo nemico, possa il tuo Ba conoscere le strade che conducono al portale di Hebes-bag». — Questo è il saluto adatto (8.1) a un figlio del re —.

Allora il figlio del re, Herdedef, gli tese le mani, lo fece alzare e se ne andò con lui verso la banchina, dandogli il braccio.

Poi Gedj disse: «Fa’ che mi si dia un battello kakau, che possa portarmi i figli e i miei scritti». Allora furono allestiti per lui due battelli con il loro equipaggio e Djedi se ne venne navigando con la corrente nel battello in cui era il figlio del re Herdedef.

Poi, raggiunta la Residenza, il figlio del re Herdedef entrò per riferire alla Maestà del nesut-bjty Khufu, giusto di voce.

Disse il figlio del re Herdedef: «Sovrano, mio Signore, ho portato Djedi».

Replicò sua Maestà: «Va’ e conducilo a me!».

Quindi sua Maestà se ne andò verso la Sala colonnata della (8.10) Grande Casa e Djedi fu ammesso alla sua presenza.

Sua Maestà disse: «Che cos’è, Djedi, questo, che ha impedito che io ti vedessi prima?».

E Djedi rispose: «È colui che è stato chiamato, colui che viene, o Sovrano: sono stato chiamato e, vedi, sono venuto!».

Chiese allora sua Maestà: «È vera la diceria che tu sai attaccare una testa recisa?».

Djedi rispose: «Si, lo so fare, o Sovrano, mio Signore».

E sua Maestà ordinò: «Fatemi portare un prigioniero che è in prigione, dopo che sia stata compiuta la sua esecuzione!».

Ma Djedi replicò: «Ma non agli esseri umani, o Sovrano, mio Signore! Vedi, non è mai stato ordinato di fare una cosa simile al nobile gregge».

Cheope

Allora gli fu portata un’oca, la cui testa fu tagliata. Quest’oca fu messa nella parte occidentale della sala colonnata, la sua testa nella parte (8.20) orientale della sala. Djedi disse le sue parole magiche e l’oca si levò ondeggiando mentre la sua testa faceva altrettanto; e dopo che congiunse l’una con l’altra, l’oca si levò starnazzando.

Successivamente egli si fece portare una ‘khet-āa’ e le si fece la stessa cosa.

Quindi sua Maestà fece condurre un bue, la cui testa fu gettata a terra: Djedi disse le sue parole magiche e il bue si levò, dietro di lui, mentre il suo laccio era caduto (9.1) per terra.

Allora il re Khufu, giusto di voce, chiese: «Che cos’è, dunque, la diceria che tu conosci il numero delle stanze segrete del santuario di Thot?».

Djedi rispose: «Che tu sia lodato! Io non conosco il loro numero, o Sovrano, mio Signore, ma conosco il luogo in cui si trova».

Chiese sua Maestà: «Dov’è, dunque?».

Il nominato Djedi rispose: «C’è una cassa di selce, là, in una stanza, chiamata ‘Inventario’, a Junu. Ecco, esso è nella cassa». E Djedi continuò: «Sovrano, mio signore, vedi, non sono io colui che te la può portare».

Sua Maestà chiese: «Chi dunque me la porterà?».

E Djedi rispose: «È il maggiore dei tre bimbi che sono nel ventre di Reddjedet colui che te la porterà».

Sua Maestà soggiunse: «Certo questo mi farà piacere. Quanto a ciò che dici, chi è, lei, questa Reddjedet?».

E Djedi disse: «È la moglie di un prete ‘uab’ di Rā, Signore di Sakhebu, (9.10) che è incinta di tre figli di Rā, Signore di Sakhebu. Egli ha detto, riguardo ad essi: “Eserciteranno la funzione benefica in questo intero paese e il maggiore di loro è destinato a diventare il Grande dei Veggenti a Junu”».

Allora il cuore di sua Maestà si rattristò a causa di queste parole e Djedi chiese: «Che è, dunque, questo stato d’animo, o Sovrano, mio Signore? È a causa dei tre fanciulli che si è prodotto? Io ho voluto dire: ci sarà tuo figlio, poi suo figlio, poi uno di loro».

Sua Maestà s’informò: «In quale momento, dunque, partorirà Reddjedet?».

Djedi rispose: «È nel quindicesimo giorno del primo mese d’Inverno che ella partorirà».

Disse allora sua Maestà: «È quando i banchi di sabbia del canale dei Due Pesci sono interrotti, o servo. Ah se io stesso avessi potuto attraversarlo! Avrei potuto vedere il tempio di Rā, Signore di Sakhebu». E Djedi concluse: «Farò che si produca acqua alta quattro cubiti sui banchi di sabbia del canale dei Due Pesci».

Quindi sua Maestà andò nel suo Palazzo e comandò: «Fate che si ordini a Djedi [di andare] nella casa del figlio del re Herdedef. Che egli abiti (9.20) con lui. Le sue provviste consisteranno in mille pani, cento brocche di birra, un bue, cento fasci di porri».

Si fece secondo tutto ciò che sua Maestà aveva ordinato.

 

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