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Ci sono poche città al mondo che erano importanti in un lontano passato e continuano ad esserelo nel presente. Londra è una, Città del Messico e Roma la terza. Di queste tre, solo Roma può pretendere di essere la sede di una vasta religione e il quartier generale dell’Anglicanesimo è Canterbury non Londra. Tuttavia, c’è una città che trionfa su tutto il resto in questo senso: Gerusalemme, perché è allo stesso tempo antica e moderna, e il centro di non solo una, ma non meno di tre, grandi religioni.
Ho visitato a Gerusalemme nel 1972, soli sei anni dopo che la città vecchia era stata presa dagli Israeliani dai Giordani. Ho trovato un luogo accogliente e ho avuto un pò di ‘paura lungo le stradine fetide, piene di vivaci persone in abiti tradizionali, con usanze religiose arcaiche e sempre con la sensazione che fosse un luogo dove rancori e recriminazioni potevano affiorare in quasiasi momento. I bambini pregavano, i soldati israeliani spadroneggiavano e i negozianti truffati. In un certo senso non era molto diverso, ho sospettato, da come era stato al tempo di Gesù, quando, contro la volontà della maggioranza dei suoi abitanti, l’impero Romano la tenne come in una morsa.
Ricordo come in quella occasione ha nevicato intorno a Natale e la gente si rannicchiava attorno a rotondi bracieri. Camminando lungo la Via Dolorosa con insieme con i fiocchi di neve, Musulmani , Ebrei e Cristiani erano sorridenti, sollevati, forse la stagione turistica aveva portato più dollari al loro commercio.
In fondo alla strada, che si snodava lungo una collina ripida,c’era quella che un tempo doveva essere stata una stretta valle. Sul suo lato opposto c’era un muro e un grande cancello che conduce ad alcuni passaggi. Al di là di questa porta, che era aperta solo a quelli di fede Musulmana, c’era il terzo luogo più sacro per l’Islam: l’ harem ash sharif o ‘Nobile Santuario‘. Costeggiando al di fuori di esso, sono andato oltre il luogo più sacro del Giudaismo: il ‘Muro del Pianto’. Qui gli uomini anziani con lunghe barbe e cappelli neri recitavano preghiere e riepivano con pezzi di carta con richieste personali a Dio, nelle crepe del muro costruito dal re Erode. Questo mi sembrava molto strano: un pò come stare in piedi nel parcheggio di una chiesa demolita in cui qualcun altro ha costruito un tempio Indù. Ho trovato una grande e preoccupante fede, perchè il desiderio di questi uomini era chiaro: le vecchie moschee con più di milletrecento anni che si trovano sulla parte superiore dell’Harem (o Monte del Tempio, così come viene chiamato dagli Ebrei e i Cristiani) dovrebbe essere demolito e al loro posto un nuovo tempio Ebraico dovrebbe essere costruito.
Questo accaddeva prima del 1973. A quel tempo il mondo Arabo, anche in Arabia Saudita e l’oramai ricchi Stati del Golfo, erano molto più poveri di quanto non lo siano oggi. Eppure, anche così c’era un pò di dubbio nella mia mente, che poteevano scatenarsi dei conflitti tali da scatenare una guerra mondiale, con conseguenze imprevedibili. E’ stato un sollievo, quindi, che per il momento gli Ebrei, si accontentavano di pregare accanto al Muro del Pianto, mentre i Musulmani mantenevano le loro moschee sulla cima della collina al di sopra di loro.
Quando sono tornato a Gerusalemme nel giugno 2000 per l’ ‘apertura della Stella-Gate Tour, anche se la città vecchiansembrava molto più pulita, il religioso stand-off era, se non altro, amplificato. Trenta anni di occupazione Israeliana non avevano riscaldato i cuori degli arabi di Gerusalemme Est, verso gli occupanti o anche iniziato ad affrontare la questione più dolorosa di tutte: la proprietà del Monte del Tempio. Gli Ebrei si vedevano ancora in preghiera al Muro del Pianto, mentre i ragazzi arabi li schermivano dal parapetto in alto e, a volte, gettavano pietre.
Il calderone ribolliva di tensione, ovviamente. Il 28 Settembre del 2000 Ariel Sharon, forse il più controverso politico Israeliano della sua generazione, scontò una visita a sorpresa al Monte contestato. Fu accolto da una folla inferocita di lanciatori di pietre e in pochi minuti quello che doveva essere una visita privata si trasformò in una rissa in grande scala. In pochi giorni il conflitto si era trasformato in una vasta protesta nazionale, una intifada che ha colpito tutta la West Bank e minacciò le relazioni internazionali tra gli alleati di Israele in Occidente e il mondo Musulmano in generale.
Anche se le cose sonoora più tranquille a Gerusalemme, la situazione è ancora tesa e pronta ad esplodere in qualsiasi momento. E ora, dal momento che non solo Israele, ma anche il Pakistan (e forse presto l’Iran) dispongono di armi nucleari, le conseguenze di una nuova guerra tra gli Ebrei di Israele e i loro vecchi avversari, gli Arabi Musulmani, potrebbero molto probabile degenerare in una Armageddon. Eppure, ci si chiede, andrà davvero così? La risposta è un deciso no!
Poco dopo il ritorno da Israele, durante la ricerca di un nuovo libro, mi sono imbattuto in alcune straordinarie informazioni che se accettate potrebbero veramente portare la pace in Medio Oriente. In parole povere, c’è una nuova teoria che i Templi di Salomone ed Erode sono stati costruiti altrove, molto vicino al Mounte Sion: nella città originale di Davide.
Il principale sostenitore di questa idea, che è ancora una patata bollente tra archeologi, biblisti e religiosi di tutte le confessioni, era il compianto Dottor Ernest T. Martin. Potete leggere tutto sulle sue teorie on-line su (http://www.askelm.com/temple/) e su un altri link collegati.
Martin aveva raccolto della prove dagli scritti di Giuseppe Flavio, dai rapporti dei primi pellegrini Cristiani e su mappe risalenti alle crociate, che quello che oggi chiamiamo il ‘Monte del tempio’ sono infatti il resti della vecchia fortezza Erodiano / Romana che si chiamava Antonia. Il tempio di Erode fu completamente distrutto dai Romani nel 70 d.C., e anche la sua posizione (un pò più a sud e ad ovest del ‘Monte del Tempio’) era stata dimenticata. In parte perché gli Ebrei furono cacciati da Gerusalemme da parte dei Romani e, a parte la fortezza Romana, la città per mezzo secolo non era altro che un cumulo di macerie.
Ora, questo è un bello studio ampio e dettagliato, ma non posso accettare subito ciò che dice Martin. Il fatto che egli era un fondamentalista Cristiano potrebbe essere fuorviante. Tuttavia, devo dire che dopo aver letto dettagliatamente i suoi articoli e controllato le sue fonti, sono convinto che era sulla strada giusta. Egli non può aver ragione in tutti i dettagli, ma le sue scoperte fondamentali erano corrette: il ‘Monte del Tempio’ è ciò che resta della fortezza di Antonia; la Cupola della Moschea della Roccia si trovano sul sito di una ex chiesa Cristiana che una volta segnava il luogo dove Gesù si presentò per essere giudicato da Pilato; la moschea di Al Aqsa è sul sito della grande basilica di Santa Sofia che è stata costruita su di un prolungamento del Monte Moriah dall’Imperatore Bizantino Giustiniano.
La straordinario corollario di questi risultati è che ciò che Martin crede essere il vero sito dei Templi di Salomone e Erode si trova in quello che era già il quartiere Ebraico di Gerusalemme. Non vi è quindi alcuna ragione di demolire le moschee per fa ricostruire agli Ebrei il loro tempio. Islam, Ebraismo e il Cristianesimo hanno i loro luoghi santi, separati in Gerusalemme e dovrebbero essere in grado di coesistere in armonia in questa città il cui nome significa pace.
Adrian Gilbert
PS Per approfondimenti Mysteries of the Bible
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There are few cities in the world that were important in the distant past and continue to esserelo in the present. London is one, Mexico City and Rome the third. Of these three, only Rome can claim to be the home to a wide religion and the headquarters of Anglicanism Canterbury is not London. However, there is a city that triumphs over everything else in this sense: Jerusalem, because it is at the same time ancient and modern, and the center of not only one, but no less than three great religions.
I visited Jerusalem in 1972, just six years after the old town had been taken by the Israelis by Giordani. I found a cozy place and I had a little ‘fear along the fetid streets, full of lively people in traditional dress, with archaic religious customs, and always with the feeling that it was a place where grievances and recriminations could emerge communications at any time. The children prayed, Israeli soldiers lording and defrauded merchants. In a way it was not much different, I suspected, from how it was in the time of Jesus, when, against the will of the majority of its inhabitants, the Roman Empire held as in a vice.
I remember how on that occasion it snowed around Christmas and people huddled around braziers round. Walking along the Via Dolorosa with along with snowflakes, Muslims, Jews and Christians were smiling, relieved, perhaps the tourist season had brought more dollars to their business.
Down the road, which wound down a steep hill, there was what had once been a narrow valley. On the opposite side there was a wall and a large gate that leads to some steps. Beyond this door, which was open only to those of the Muslim faith, there was the third holiest place in Islam: the ‘harem ash sharif, or’ Noble Sanctuary ‘. Along the outside of it, I went over the holiest site of Judaism: the ‘Wailing Wall’. Here the old men with long beards and hats blacks recited prayers and riepivano with pieces of paper with personal requests to God, in the cracks of the wall built by King Herod. This seemed very strange: a little like standing in the parking lot of a church demolished in which someone else has built a Hindu temple. I found a great and worrisome faith, because the desire of these men was clear: the old mosques with more than thirteen hundred years that lie on top of the harem (or Temple Mount, as it is called by the Jews and the Christians) should be demolished and in their place a new Jewish temple should be built.
This accaddeva before 1973. At that time the Arab world, including Saudi Arabia and the now-rich Gulf states, were much poorer than they are today. Yet, even so there was a bit of doubt in my mind that poteevano unleashing of conflicts likely to trigger a world war, with unpredictable consequences. It ‘was a relief, then, that by the time the Jews were content to pray next to the Western Wall, while the Muslims kept their mosques on top of the hill above them.
When I returned to Jerusalem in June 2000 for the ” Star-Gate opening of the Tour, although vecchiansembrava city much cleaner, the religious stand-off was, if anything, magnified. Thirty years of Israeli occupation had not warmed the hearts of the Arabs of East Jerusalem, to the occupants or even begun to address the most painful question of all: the property of the Temple Mount. Jews could still be seen praying at the Wailing Wall, while Arab boys schermivano them from the top parapet and, at times, throwing stones.
The seething cauldron of tension, of course. On September 28, 2000 Ariel Sharon, perhaps the most controversial Israeli politician of his generation, he served a surprise visit to Mount disputed. It was greeted by an angry crowd of stone throwers, and in a few minutes what was to be a private visit turned into a full-scale brawl. Within days, the conflict had turned into a vast national protest, an intifada that has hit the entire West Bank and threatened international relations among Israel’s allies in the West and the Muslim world in general.
Although the sonoora things quieter in Jerusalem, the situation is still tense and ready to explode at any time. And now, since not only Israel, but also Pakistan (and perhaps soon Iran) have nuclear weapons, the consequences of a new war between the Jews of Israel and their old adversaries, the Arab Muslims, could very likely degenerate into Armageddon. Still, one wonders, will this really happen? The answer is an emphatic no!
Shortly after returning from Israel, during the search of a new book, I came across some amazing information that if accepted could really bring peace to the Middle East. Put simply, there is a new theory that the temples of Solomon and Herod were built elsewhere, very close to Mounte Zion in the original City of David.
The main proponent of this idea, which is still a hot potato between archaeologists, biblical scholars and religious of all denominations was the late Dr. Ernest T. Martin. You can read all about his online theories (http://www.askelm.com/temple/) and on other related links.
Martin had collected the evidence from the writings of Josephus, from the reports of the first Christian pilgrims and maps dating back to the Crusades, that what we now call the ‘Temple Mount’ are in fact the remains of the old Herodian / Roman fortress called Antonia. Herod’s temple was destroyed by the Romans in A.D. 70, and also its location (a little further south and west of the ‘Temple Mount’) had been forgotten. Partly because the Jews were expelled from Jerusalem by the Romans and, apart from the Roman fortress, the city for half a century was nothing more than a pile of rubble.
Now, this is a nice large and detailed study, but I can not immediately accept what he says Martin. The fact that he was a fundamentalist Christian may be misleading. However, I must say that after reading his articles in detail and checked his sources, I am convinced that it was on the right track. He may not be right in all the details, but his fundamental discoveries were correct: the ‘Temple Mount’ is what remains of the fortress of Antonia; the Dome of the Rock Mo are located on the site of a former Christian church, which once marked the place where Jesus stood to be judged by Pilate; The Al Aqsa Mosque is on the site of the great basilica of Hagia Sophia that was built on an extension of Mount Moriah by the Byzantine Emperor Justinian.
The extraordinary corollary of these results is that what Martin believes to be the true site of the Temples of Solomon and Herod is located in what was formerly the Jewish quarter of Jerusalem. There is therefore no ragionedi demolish mosques to do to the Jews to rebuild their temple. Islam, Judaism and Christianity have their holy places, separated in Jerusalem and should be able to coexist in harmony in this city whose name means peace.
Adrian Gilbert
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